La Protesi d'Anca

Inviato da AA il Sab, 02/13/2021 - 18:18

 

Una visita ambulatoriale esaustiva per una corretta diagnosi ed indicazione all'intervento di impianto di una Protesi Totale all'Anca

 

 

 

Nonostante la continua ricerca ed i passi da gigante che la chirurgia rigenerativa sta’ vivendo negli ultimi anni, l’intervento d’impianto di una Protesi Totale d’Anca (PTA) rimane la soluzione di riferimento per le artrosi avanzate dell’anca o “coxartrosi”.

Analizziamo nel dettaglio i principali aspetti e cerchiamo di dare una risposta più semplice possibile alle domande che più di frequente mi vengono poste. Quanto spiegato nelle varie risposte si riferisce alla mia pratica quotidiana nell’Ospedale in cui lavoro: l'Istituto Clinico Villa Aprica

 

Che cos’è una Protesi articolare?

Come è fatta e di quali materiali è composta una Protesi d’Anca?

Perché’ mi è stato proposto dall’Ortopedico di fare la Protesi d’Anca?

Come funziona l’intervento?

È un intervento impegnativo? Quanto dura? Avrò dolore?

Cosa succede dopo l’intervento?

Come posso organizzarmi per la riabilitazione?

Come sarò seguito/a dopo l’intervento?

È un intervento rischioso?

Sono anziano / sovrappeso / ho avuto un infarto, il diabete, un ictus. Posso sottopormi a questo intervento?

 

 

Che cos’è una Protesi articolare?

La protesi articolare è una componente artificiale, progettata e costruita per sostituire in parte o totalmente i segmenti di un’articolazione. Nel caso di Protesi d’Anca, l’articolazione che viene sostituita è l’Anca. L’Anca si compone di due segmenti: il primo è l’Acetabolo, di forma concava, situato nel Bacino; il secondo è la Testa Femorale, di forma sferica, situata all’estremità superiore del Femore. Parliamo di Protesi Totale d’Anca quando vengono sostituiti entrambi i segmenti, con una componente acetabolare ed una femorale; ed una Protesi Parziale d’Anca, detta anche Endoprotesi, quando viene sostituita solo la componente femorale, utilizzata prevalentemente in traumatologia.

La Protesi articolare sostituisce un’articolazione, da non confondere con la protesi dell'arto che è un arto artificiale che sostituisce un’intera o parziale parte del corpo mancante.

 

Come è fatta e di quali materiali è composta una Protesi d’Anca?

 

Radiografia postoperatoria di una Protesi d'Anca sinistra

 

Abbiamo visto che una protesi d’anca è composta da più componenti, la progettazione e realizzazione dei quali rappresenta ancora oggi una sfida in continua evoluzione, teorizzata in una scienza complessa e multidisciplinare: la tribologia. Analizziamo cosa sono e con che materiali è costruita una Protesi Totale d’Anca:

  1. La componente acetabolare: di forma concava, a seconda dei modelli può essere semisferica, ovalizzata o addirittura a tronco cono, filettata per essere avvitata nell’osso. È in genere di metallo (Lega di Titanio) ed ha elevate caratteristiche di resistenza al carico ed osteointegrazione: è la componente che deve garantire un solido ancoraggio sull’osso del bacino. Per questo motivo è porosa e rivestita da materiale osteoinducente, che aumenta l’integrazione della protesi all’osso: uno strato calcio fosfato depositato con tecniche elettrochimiche, applicato su uno strato plasma-spray di titanio puro.
  2. L’inserto acetabolare: È il rivestimento interno della componente metallica acetabolare. Ha la funzione di resistere all’attrito di scorrimento della testa femorale ad ogni movimento dell’anca. Inoltre, resiste ed assorbe agli stress da impatto. In genere utilizzo inserti in polietilene ad alta resistenza, che unisce la massima resistenza all’usura con una capacità ottimale di assorbire gli urti.
  3. La componente femorale: si chiama stelo ed è anch’esso in metallo (Lega di Titanio Ti-6Al-4V). Nella maggior parte dei casi si inserisce a press-fit, come un chiodo nel legno. Per questo, si sceglie uno stelo rivestito, dove necessario, da materiale osteoinducente. Quando la consistenza dell’osso femorale non viene ritenuta sufficiente, si può ricorrere ad un impianto cementato: tra stelo e osso viene interposto un biomateriale, denominato cemento osseo, a base di polimetilmetacrilato (PMMA). Lo stelo costituisce l’ancoraggio della protesi al femore e sostituisce, assieme alla testa protesica, la porzione di femore che forma l’anca.
  4. La testa femorale protesica: e ’di forma sferica e scorre sull’acetabolo. Insieme a questo permette il movimento dell’arto inferiore all’anca. Il materiale più utilizzato per questa componente è di derivazione ceramica, per le sue caratteristiche di elevata resistenza all’usura.

 

Perché’ mi è stato proposto dall’Ortopedico di fare la Protesi d’Anca?

L’intervento di impianto di una Protesi Totale d’Anca si rende necessario nel caso in cui la propria articolazione dell’anca presenti sintomatologia dolorosa e difficoltà funzionali dovute a lesioni o deformità tali da non poter ricevere beneficio da alcun trattamento conservativo. Per trattamento conservativo si intendono in genere terapie “NON chirurgiche” quali, per esempio i trattamenti fisico-riabilitativi. Da chirurgo Ortopedico, intendo altresì i trattamenti di chirurgia conservativa o rigenerativi. Si parla infatti anche di sostituzione dell’anca: la propria anca è così rovinata da richiedere una sostituzione.

Solo il paziente, in ultima analisi, ha la piena percezione del proprio disagio, non solo a livello della sintomatologia locale legata all’anca, ma anche nelle attività quotidiane, nella vita sociale e di relazione di tutti i giorni.

La scelta di indicare prima, e poi procedere ad un intervento di sostituzione protesica dell’anca, richiede dunque la piena consapevolezza del paziente del suo stato di salute, dei suoi problemi e delle possibilità terapeutiche.

 

È una scelta che deve essere decisa dal paziente insieme all’Ortopedico, non dall’Ortopedico.

Molte sono le condizioni patologiche che possono portare ad un tale stato di degenerazione articolare. La più frequente in assoluto è l’artrosi all’anca o coxartrosi. Si parla di artrosi, quando le cartilagini che rivestono i capi articolari sono rovinate. In una anca che richiede una sostituzione protesica sono per lo più assenti. La cartilagine consente lo scorrimento dei capi articolari durante il movimento. Senza di essa l’attrito è tale da rendere difficoltoso il movimento e scatenare fenomeni infiammatori responsabili del dolore inguinale, spesso irradiato alla coscia fino al ginocchio. Un’ altra causa, meno frequente, ma spesso responsabile di comparsa di una sintomatologia grave ed improvvisa è la necrosi cefalica. L’osso della testa femorale subisce un vero e proprio infarto. Se il processo patologico perdura nel tempo, con il carico, i tessuti dell’anca si rovinano e si deformano. Nelle necrosi cefaliche di grado avanzato non si può fare nient’altro che sostituire l’anca con una Protesi. Molte altre cause, meno frequenti, rendono necessario l’intervento di sostituzione protesica dell’anca. In questa tabella ne sono elencate la maggior parte.

 

Come funziona l’intervento?

 

Il Planning Preoperatorio

 

La preparazione all’intervento avviene già in reparto. Il giorno prima, in reparto, viene effettuata dagli infermieri la tricotomia (si rasano i peli in corrispondenza della zona d’incisione, se presenti) e viene posizionato il catetere vescicale (dove richiesto). Il giorno dell’intervento si accede alla sala operatoria, trasportati sdraiati su una barella. In una stanza apposita del blocco operatorio vengono effettuate le pratiche infermieristiche (identificazione del paziente, posizionamento degli accessi venosi, degli elettrodi ECG per il monitoraggio cardiaco, del bracciale della misurazione della pressione arteriosa al braccio e del saturimetro ad un dito della mano per il monitoraggio della saturazione), l’infusione dei farmaci (tra cui l’antibiotico di profilassi preoperatoria) e l’anestesia spinale, se concordata col medico anestesista. Infine, si accede alla sala operatoria vera e propria. Il paziente viene fatto passare dalla barella al letto operatorio e posizionato. Il pz indossa una vestaglia apposita che rimane per tutto l’intervento.

A seconda della via d’accesso all’anca concordata col chirurgo Ortopedico, la posizione sarà in decubito supino (pancia in su’) se l’accesso (la tecnica chirurgica utilizzata per esporre l’anca e impiantare la Protesi) è anteriore, o decubito laterale se l’accesso è antero-laterale o postero-laterale. È possibile che vengano usate delle spinte, cuscini o spessori per mantenere la posizione corretta o renderla più confortevole per il paziente. Il posizionamento del paziente viene effettuato dal chirurgo Ortopedico operatore, i suoi aiuti e gli infermieri di sala.

A questo punto i chirurghi escono ad effettuare un gesto fondamentale: il lavaggio e la disinfezione delle mani: da questo momento in poi verrà posta estrema attenzione affinché’ tutto ciò che entra in contatto col paziente nel sito chirurgico sia sterile. Al rientro dei chirurghi viene effettuato ad alta voce il controllo della “check list”: attraverso la risposta vocale degli operatori ad un elenco strutturato di domande, viene definitivamente controllato che tutto sia approntato ed in ordine per procedere all’intervento.

Vengono vestiti i chirurghi del camice sterile ed i guanti. Viene approntato il campo sterile, che prevede anche la costruzione di un sipario tra il paziente ed il campo operatorio. In questa fase si potrà temporaneamente essere coperti in viso da un telo, che nel giro di pochi istanti verrà alzato e fissato in modo più confortevole da un infermiere. Durante l’intervento è possibile che venga fornito ossigeno al paziente, tramite una mascherina.

Dopo la disinfezione della cute si procede all’impianto della Protesi d’Anca. Si effettua un’incisione cutanea a livello della coscia, lunga in genere 10 cm e l’accesso all’articolazione. Si lussa l’anca per esporre la testa femorale. Si procede ad osteotomia della testa femorale. Si fresa l’acetabolo e si posiziona la componente protesica acetabolare. Si posiziona sul femore la componente protesica femorale. Si posiziona la testa femorale protesica e, dopo apposite prove di stabilità e lunghezza degli arti, si riduce l’impianto definitivo. Viene posizionato un tubo di drenaggio intrarticolare e si procede a sutura della ferita chirurgica e successiva copertura con la medicazione. Durante tutto questa fase è possibile sentire il rumore dei vari strumenti impiegati (sega oscillante, martello), nonché’ sensazioni di “venir tirato”. È del tutto normale, e se creano disagio, il paziente può ricevere sedazione in accordo con l’anestesista.

Vengono rimossi i teli del campo operatorio. Il paziente viene traslato su una barella e trasportato fuori dalla sala operatoria, dove può rimanere ancora in osservazione. Appena possibile viene accompagnato fuori dal blocco operatorio, in reparto.

In reparto, solo per il primo giorno e la prima notte, si rimane in una stanza diversa da quella di assegnazione, per un controllo più appropriato del paziente. Il paziente riceverà terapia farmacologica infusionale (antidolorifica). L’arto operato è avvolto in una “ferula”, un contenitore di materiale rigido che evita movimenti pericolosi dell’arto operato, anche inconsci. Dalla medicazione della coscia fuoriesce un tubo di plastica contenente tracce di sangue. È il drenaggio articolare, posizionato durante l’intervento, per raccogliere il sangue residuo dall’intervento ed evitare la formazione di raccolte o ematomi nel sito chirurgico. In genere, tra le flebo, vi è appesa anche una sacca di sangue del paziente: si tratta di quello raccolto dal drenaggio che viene reinfuso immediatamente. Non è possibile muoversi dal letto. Per qualsiasi bisogno, un infermiere è a disposizione su chiamata da un apposito campanello, oltre che durante i numerosi e frequenti controlli. Trascorsa la prima notte, al mattino, il medico procederà alla rimozione del drenaggio: Il tubo viene sfilato. Non è doloroso. In genere viene descritta come una “sensazione strana” della durata di pochi secondi. Si viene quindi trasportati al letto della stanza assegnata. Da qui, partirà immediatamente il percorso riabilitativo e di recupero del carico e della deambulazione.

 

È un intervento impegnativo? Quanto dura? Avrò dolore?

L’intervento di impianto di una Protesi d’Anca ha una durata media di un’ora. Durante l’intervento, anche se si viene sottoposti ad un’anestesia spinale, non si sente alcun dolore. Le gambe sono addormentate. A volte permane la sensazione del tatto. Spesso, grazie alla sedazione, che è possibile ricevere in accordo con il medico anestesista, sopraggiunge il sonno e si viene risvegliati dagli infermieri a fine intervento.

Il tempo complessivo trascorso nel Blocco Operatorio, tra l’uscita ed il ritorno in reparto può durare fino a tre ore. Il dolore postoperatorio è in genere contenuto. Grazie alla possibilità di effettuare l’anestesia spinale, si rimane coperti anche per le ore successive all’intervento chirurgico, quando la possibilità di sentire dolore di grado elevato è maggiore. In seguito, grazie alla terapia analgesica infusionale, il dolore rimane controllato. Il paziente ha di solito anche la possibilità di modulare l’intensità della copertura analgesica o di richiederla al bisogno, per trascorrere il tempo a letto nel modo più confortevole possibile.

 

Cosa succede dopo l’intervento?

Nei primi giorni postoperatori, seppur sia possibile, con l’aiuto del fisioterapista, passare dal letto alla poltrona e successivamente in piedi, la parola d’ordine è: riposo. Il corpo deve riposare dallo stress ricevuto durante l’intervento. Inoltre, l’anca si deve disinfiammare sia dal recente intervento chirurgico, sia, soprattutto, dal problema funzionale e sovraccarico che si porta dietro da anni, a seguito delle lesioni degenerative che erano presenti.

Passata la fase più acuta, della durata in genere di sette/dieci giorni, è possibile dedicare maggiori energie al recupero funzionale e muscolare. In questa fase è normale avvertire la ricomparsa di fastidi all’anca o all’arto inferiore, dovuti a fenomeni di adattamento, che miglioreranno con l’esercizio ed il tempo.

I punti cutanei, in genere metallici, vengono rimossi intorno al quindicesimo giorno postoperatorio. In seguito, è possibile lavare anche la cute guarita. Della cicatrice, dopo qualche mese, salvo presenza di predisposizioni individuali (cheloidi), rimarrà solo una linea cutanea.

Il carico viene concesso fin da subito all’arto operato, con l’ausilio di due stampelle, salvo particolari indicazioni da valutare caso per caso in pazienti fragili. Progressivamente di recupera il carico completo e le due stampelle vengono abbandonate in genere entro un mese. È spesso necessario aiutarsi con una stampella da portare allo stesso lato dell’arto operato, soprattutto per aiutarsi nel recuperare la capacità di camminare e sentirsi sicuri.

Tra il secondo ed il terzo mese dall’intervento si riacquistano la maggior parte delle capacità richieste nella vita di tutti i giorni: dalle più banali, come muoversi liberamente per casa, sollevare oggetti poco pesanti a quelle più complesse come effettuare mestieri semplici e sicuri o guidare. Il ritorno a lavori pesanti o attività sportive in genere avviene dal sesto mese postoperatorio.

È fondamentale dedicare un momento della giornata ad effettuare parte degli esercizi appresi durante il percorso riabilitativo, soprattutto quelli di stretching e mobilizzazione articolare. Sarebbe una buona abitudine svolgerli a cadenza quotidiana, per rimanere sempre in forma e non perdere i benefici guadagnati.

 

Come posso organizzarmi per la riabilitazione?

Presso l'Istituto Clinico Villa Aprica è possibile effettuare la prima parte della riabilitazione.

In questo modo è possibile evitare il disagio dato da ritardi e complicazioni della ricerca di un posto a disposizione ed i rischi connessi.

In convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale.

In genere, già in terza giornata postoperatoria, si viene trasferiti nel reparto di Riabilitazione da dove si viene direttamente seguiti da un medico Fisiatra ed un team di fisioterapisti dedicati.

Il grande vantaggio è che durante tutto l’iter riabilitativo ho la possibilità di seguire direttamente il paziente, da un punto di vista Ortopedico. Il protocollo riabilitativo viene infatti personalizzato alla luce della perfetta conoscenza dell’impianto protesico utilizzato e delle variabili individuali del paziente riscontrate effettivamente in sala operatoria durante l’intervento. Questo è possibile solo grazie alla diretta collaborazione mia, in quanto chirurgo Ortopedico operatore, e del collega fisiatra. Una gestione del paziente che fa la differenza.

 

Come sarò seguito/a dopo l’intervento?

Attraverso controlli ambulatoriali programmati e personalizzati, ho la possibilità di seguire i progressi nel piano riabilitativo e monitorare nel tempo lo stato dell’impianto protesico. A cadenza inizialmente mensile e trimestrale, per il primo anno, i controlli diventeranno in seguito annuali.

Presso l'Istituto Clinico Villa Apricaho la possibilità di seguire personalmente i pazienti in tutto il loro iter postoperatorio attraverso un ambulatorio dedicato a cui sarà possibile accedere, oltre che per i controlli programmati, anche ogni qualvolta il paziente ne avrà bisogno, previo appuntamento e rapidamente.

Naturalmente in convenzione con il Sistema Sanitario Nazionale.

 

È un intervento rischioso?

L’impianto di Protesi d’Anca è un intervento chirurgico sicuro, se effettuato attraverso un’attenta valutazione del paziente, del suo stato di salute generale e delle richieste funzionali.

Questi aspetti vengono analizzati meticolosamente durante tutto il percorso di accertamenti preoperatori.

La scrupolosa attenzione ad individuare a livello preoperatorio i fatturi di rischio individuali, mi ha consentito di avere un’ampia casistica di pazienti operati con risultati ottimali e pieno ritorno alle attività quotidiane senza dolore all’anca.

Per ogni paziente, infatti, discuto e mi accerto che vengano pienamente compresi i rischi dell’intervento, definiti attraverso il documento del consenso informato.

 

Sono anziano / sovrappeso / ho avuto un infarto, il diabete, un ictus. Posso sottopormi a questo intervento?

In genere, l’intervento di impianto di una Protesi d’Anca non si effettua sul giovane, in salute ed in forma.

È normale che l’indicazione più frequente, una grave artrosi all’anca, sussista in pazienti anziani, anche oltre gli ottanta anni, in cui coesistano una o più patologie di carattere generale.

Queste non rappresentano delle controindicazioni assolute. È però necessario, in questi casi, analizzare ancora più attentamente i fattori di rischio individuali ed effettuare prima dell’intervento programmato tutte le cure necessarie ad abbassare l’eventuale rischio presente in modo da affrontare l’intervento e tutto il percorso postoperatorio con sicurezza. Per questo, in sede di prericovero, viene effettuato una visita approfondita con il medico anestesista ed eventualmente con gli altri specialisti di cui è necessario un parere.

 

Non smetterò mai di sottolineare l’importanza di effettuare ogni passaggio con ottica costruttiva: il recupero da un intervento di protesi all’anca attraversa fasi impegnative: insieme, supereremo le difficoltà che vi separano dalla ripresa di una vita normale, senza dolore e limitazioni.